Turismo: Il rischio di un’Italia generica
Il futuro del turismo italiano: il rischio di un’Italia generica
Esiste un modo di produrre e di vivere italiano, un Italian way che molti ci invidiano. È fatto di città di medie e piccole dimensioni, luoghi intrisi di storia, arte, tradizioni e una diversità che si riflette nella varietà della nostra cucina e nelle culture professionali. È un sistema che si basa su filiere produttive, qualità e bellezza, cura dei dettagli e relazioni umane autentiche.
Questa “biodiversità” è il motore dell’attrattività turistica del nostro Paese, dalla quale deriva, credo, quella creatività che altri non riescono a riprodurre. Tuttavia, oggi questo equilibrio, e il modello di sviluppo che lo ha sostenuto, mostrano tutta la loro fragilità.
Proprio come nelle coltivazioni idroponiche, prive del legame con il terreno fertile che nutre le piante, anche il sistema di offerta italiano sembra avere smarrito le sue radici. Quelle radici culturali e di accoglienza che hanno definito storicamente l’ospitalità italiana.
La carenza di proposte originali e di modelli gestionali made in Italy, insieme alla progressiva scomparsa di esercizi storici, artigiani, piccoli hotel e bar tradizionali, sta avendo un impatto profondo sia nelle aree interne, che nei centri urbani, dove un’offerta standardizzata e “disancorata” è diventata la norma, alterando paesaggi e stili di vacanza.
Non è la standardizzazione, ma la capacità di scoprire strade, usi, interpretazioni, soluzioni diverse per valorizzare le risorse, ciò che può continuare a distinguere e rendere affascinante il nostro Paese.
GD