#Smallmuseumtour intervista a Caterina Pisu, coordinatrice APM

(…)   Sull’onda del successo della #museumweek e ispirati dal già sperimentato #museumtour, l’Associazione Nazionale Piccoli Musei sta lanciando una nuova iniziativa chiamata #smallmuseumtour. Si tratta di una serie di “visite guidate” che permetteranno di scoprire in maniera virtuale i numerosi piccoli musei italiani, e tutto questo grazie all’esperienza dei curatori ed all’uso di Twitter. Sono 12 gli appuntamenti previsti da adesso fino a fine luglio. Il primo tour si svolgerà oggi, lunedì 12 maggio, dalle ore 15.00 alle 16.00: la visita guidata riguarderà il Museo del Bottone di Santarcangelo di Romagna (per maggiori informazioni, visitate il blog dell’APM).   Per saperne di più abbiamo posto qualche domanda a Caterina Pisu, Coordinatore Ricerca e Comunicazione dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei.   Grazie per aver accettato quest’intervista e benvenuta sulle “pagine” di Professione Archeologo.Per prima cosa, in cosa consisterà la visita guidata e come si svolgerà?   R: La visita dovrà svolgersi nello spazio di un’ora attraverso otto tappe. I curatori sceglieranno otto immagini che potranno rappresentare singoli oggetti, postazioni o luoghi del museo che essi giudicano particolarmente significativi per condurre la visita virtuale. Noi dell’APM (@piccolimusei e @piccolimusei2) serviremo da “assistenti”: posteremo le immagini e aiuteremo visitatori e curatori a dialogare tra loro. Tutti i tweets saranno contrassegnati dall’hashtag #smallmuseumtour.   Come mai avete deciso di promuovere questa iniziativa? Quali risultati vi aspettate?   R: Come avete anticipato in apertura di questa intervista, lo spirito che anima #smallmuseumtour è senza dubbio lo stesso di #museumweek, un evento davvero speciale che non è passato senza lasciare traccia ma che ha prodotto dei cambiamenti significativi misurabili non solo in un aumento dei followers per i singoli musei che vi hanno preso parte, ma anche in una maggiore presenza di musei su Twitter. Quando si parla di social media, i concetti che vengono subito in mente sono: comunicazione, cultura partecipativa, autopromozione, interazione. Tutto questo si può ritrovare in qualsiasi tipo di iniziativa che utilizzi i social media e in questi ultimi anni se ne è parlato ampiamente. Tuttavia, c’è un altro aspetto che noi abbiamo voluto cercare e che cerchiamo non solo nell’ambito virtuale ma anche in quello reale dei piccoli musei: la funzione inclusiva. Una visita virtuale, pur non potendo, chiaramente, essere paragonabile a quella svolta fisicamente nell’edificio/museo, può avere il grande vantaggio di ricreare condizioni di scambio umano e culturale che hanno il potere di abbattere le barriere, qualunque esse siano e in primo luogo quelle della disabilità, della malattia, dell’impossibilità di muoversi per i motivi più vari. L’obiettivo è certamente ambizioso ma abbiamo iniziato con l’inviare comunicati stampa ad associazioni dedicate alla disabilità e a blog creati da detenuti, solo per cominciare. Vedremo se l’esperimento funzionerà.   Avete scelto Twitter come social principale per questa iniziativa. Perché?   R: Twitter ha il vantaggio di riuscire a creare grandi comunità con pochissimo sforzo e velocemente. Favorisce il dialogo perché rispetto ad altri social networks, i contenuti devono essere espressi in modo misurato, efficace, mirato. Ci è sembrato, quindi, lo strumento più adatto a questo tipo di iniziativa.   (…)  Secondo te i piccoli musei italiani che hanno scelto la strada dei social per pubblicizzarsi e farsi conoscere riescono a produrre engagement? E in che modo? Ci sono dei consigli che ti senti di dare a chi si occupa di comunicazione e social network in questi musei?   R: La mia opinione è che un museo che non ha un buon progetto culturale ed educativo, difficilmente riuscirà a dire qualcosa di utile sui social media. Per questo motivo quando un museo è silente e apparentemente sembra avere difficoltà a comunicare, ho sempre il dubbio che questo non dipenda tanto da un’incapacità ad utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione quanto, non sempre ma abbastanza spesso, da un problema strutturale che si manifesta in modo evidente nel momento in cui ci si deve confrontare con l’esterno. Negli altri casi, invece, gli accorgimenti che si possono usare sono quelli di rendere l’ambiente virtuale una parte dello spazio fisico del museo. Questo significa che bisogna dedicare ad esso la stessa cura che si riserva al museo reale, con un impegno quotidiano, con la creazione di semplici iniziative che non comportino un eccesso di fatica per i propri followers, perché se è vero che esiste il fenomeno dell’affaticamento da visita, non è da trascurare anche quello che può derivare dalla richiesta di attività troppo impegnative sui social media che alla lunga possono stancare e allontanare i followers. Essere attivi sì, dunque, ma con equilibrio e moderazione.   (…)  Se l’idea vi piace, non vi resta che “sintonizzarvi” su Twitter oggi pomeriggio alle 15 e godervi il primo #smallmuseumtour, mentre per gli eventi successivi tenete d’occhio i contatti social dall’Associazione Nazionale Piccoli Musei:   @PiccoliMusei Pagina Facebook Piccoli Musei – See more at: http://www.professionearcheologo.it/smallmuseumtour-intervista-a-caterina-pisu-associazione-nazionale-piccoli-musei/#sthash.hSmQJUtG.dpuf

Articolo di Domenica Pate (@domenica_pate)

testo integrale qui: http://www.professionearcheologo.it/smallmuseumtour-intervista-a-caterina-pisu-associazione-nazionale-piccoli-musei/

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