La promozione dei beni culturali: un problema “culturale” (appunto!)
Credo che in questi giorni di #invasionidigitali ci siamo dovuto un po’ tutti confrontare con uno degli ostacoli principali, tra quelli che hanno impedito al nostro Paese di far valorizzare appieno i suoi tesori: l’idea cioè, particolarmente diffusa tra gli Amministratori (ma anche tra molti residenti), che un sito archeologico o un monumento ancora da restaurare, un palazzo nobiliare disabitato, un monastero antico, una chiesina rurale, una torre… siano un peso! Un peso economico, progettuale, gestionale, burocratico…. insomma un problema!
Tutto questo è la conferma di una evidente impreparazione da parte di certe Istituzioni, che pensano che per valorizzare un bene culturale sia obbligatorio avere risorse gigantesche, perchè non credono nel volontariato, non hanno progettualità degne di questo nome, non credono in quello che si può fare oggi col web, non credono nel marketing dell’accoglienza e più in generale purtroppo non credono a sufficienza nel turismo e nel territorio.
Penso proprio che l’esempio delle #Invasionidigitali aiuterà tutti noi a far capire che occorre cambiare registro.
E vorrei chiudere con una citazione dalla tesi di Pasquale Stroia: “Spesso, vivendo in un posto, si è abituati tranquillamente a passeggiare di fianco a mura medievali, ad andare a Messa la domenica in una chiesa romanica – magari ricca di dipinti appartenenti a varie epoche – a pronunciare vocaboli dialettali provenienti da chissà quale radice, a riproporre tradizioni culinarie tramandateci da generazioni, ad affacciarsi alla finestra e avere di fronte, ad un palmo dal naso, un antico maniero. Gli esempi potrebbero continuare per molto, ma bastano a comprendere quanto quest’Italia sia ricca e viva di risorse esclusive. Si è talmente assuefatti dalla ricchezza che ci circonda che talvolta si corre il rischio di giungere, nei casi estremi, a forme di disprezzo verso le risorse presenti nei territori, perché vissuti come un peso morto specialmente dalle amministrazioni locali. In moltissime località, quindi, prima di poter avviare qualsiasi progetto di valorizzazione e sviluppo turistico, è necessario (ri)costruire quella consapevolezza perduta o mai esistita. Non conoscere il territorio in cui si abita, vuol dire ucciderlo quotidianamente. Se i residenti non amano il posto in cui si vive, quel posto sembrerà falso”.
Il testo di Pasquale Stroia è ripreso dalla sua tesi di Laurea “Tra marketing, persone e web Costruire Turismo in piccoli territori” Università degli Studi di Firenze. A.A. 2012 – 2013. pasqualestroia@gmail.com