STL. Istituzioni e normativa del turismo in Italia, alla ricerca di un modello. Prima parte
Nonostante la mia progressiva perdita di entusiasmo per le vicende degli STL, continuo a ricevere richieste di informazioni sulla situazione attuale soprattutto da parte di studenti e ricercatori. Ho pensato così di rendere disponibile un testo che ho pubblicato nel 2010 su questo tema. Se vi interessa copiatelo tranquillamente, ma citate la fonte. Giancarlo Dall’Ara
Premessa
In Italia manca un pensiero sul turismo, manca cioè un approccio organico, con le radici nello specifico della cultura ospitale del nostro paese.
Le Università non se ne occupano, in gran parte preferiscono importare e divulgare pensieri e teorie nati altrove, di norma nei paesi anglosassoni, e demandare questo compito ad altri.
Gli operatori economici presi da urgenze e problemi quotidiani e concreti, faticano a elaborare visioni più complessive ed organiche.
Gli stessi partiti politici tradizionalmente sottovalutano il turismo o lo affrontano a intermittenza.
Se si esclude il giudizio degli addetti ai lavori, il nostro settore è perlopiù considerato “marginale”, confinato dai media nelle pagine di cronaca estiva, e circondato da pregiudizi.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il turismo non riuscendo ad avere una centralità culturale non è neppure considerato centrale nelle scelte politiche ed economiche; e il sistema paese – in assenza di un proprio pensiero sul turismo – non riesce ad esprimere modalità efficaci e coerenti per affrontare, nel concreto delle nostre specificità, i temi del turismo e dello sviluppo.
Tra le esperienze in corso ve ne è però una che potrebbe essere gravida di conseguenze e potrebbe – il condizionale è d’obbligo – almeno in parte colmare il vuoto del quale si diceva: è l’esperienza dei Sistemi Turistici Locali.
Come si vedrà i Sistemi Turistici Locali rappresentano uno degli istituti più innovativi prefigurati dalla legge 29 marzo 2001, n. 135. Non si tratta di nuovi enti pubblici né di altri organismi intermedi, ha ricordato recentemente il prof. Francesco Morandi, ma di forme inedite di organizzazione turistica locale chiamate a progettare e realizzare un nuovo modello di sviluppo socioeconomico del territorio. Anche se, aggiunge Morandi “il loro destino è oggi più che mai incerto e resta ancora sospeso tra “pensiero” e “azione” nell’organizzazione turistica di quasi tutte le regioni italiane, in attesa che si compiano le scelte definitive sulla configurazione istituzionale del comparto turistico”.
In questo capitolo ripercorriamo brevemente la loro storia e la loro attualità.
1. Le aspettative iniziali
Il varo della legge 135/2001 ha generato da subito molte aspettative, in particolare negli ambienti universitari e della ricerca. Ma se le aspettative sono state grandi, altrettanto grandi sono state anche le preoccupazioni del sistema amministrativo che si è trovato improvvisamente a gestire una norma “a maglie larghe”, che permetteva interpretazioni divergenti, in particolare con l’articolo 5, riferito agli STL.
Il clima iniziale nel quale sono stati accolti i STL è riassunto in un documento del Cnel presentato alla Conferenza nazionale del Turismo, dove si legge: “con l’individuazione dei STL, intesi come sintesi dinamica tra domanda e offerta in un determinato territorio, prende definitivamente forma un nuovo modo di concepire il turismo” che sposta l’attenzione dal singolo fattore al sistema.
Scriveva l’economista Attilio Gardini “La nuova legge quadro sul turismo introducendo i STL innova radicalmente il quadro normativo e può avviare un altrettanto radicale processo di innovazione dell’offerta turistica”.
Anche se non sono mancati gli atteggiamenti scettici, in particolare di chi ha visto negli STL uno strumento superfluo, considerato che la 135 era diventata legge, tutti i soggetti coinvolti nel turismo, con molto o pochissimo entusiasmo, hanno ben presto cercato di individuare quali potessero essere le nuove opportunità offerte dalla normativa nazionale.
2. STL: le opportunità teoriche
Il modello di sviluppo tradizionale, che affonda le radici nella prima legge quadro del turismo (legge 219 del 1983) del nostro paese prevedeva:
- una netta separazione tra intervento pubblico e intervento privato. Gran parte degli interventi “Pubblici” tende ancora oggi ad impostare le attività promozionali delegando completamente l’attività commerciale al versante privato, con gli evidenti problemi di coordinamento che spesso ne derivano;
- un forte “orientamento al prodotto” che tende a trascurare ciò che accade sul versante della domanda, privilegiando così azioni “schiacciate sull’offerta”, orientate cioè sui bisogni dei “produttori” di servizi turistici e degli operatori del territorio;
- una visione albergocentrica che pone al centro dello sviluppo il sistema ricettivo tradizionale, sopravvalutando il ruolo degli alberghi, e sottovalutando il ruolo dei servizi extraricettivi;
- un approccio unidirezionale, la domanda viene considerata solo come una funzione reattiva, e l’utilizzo degli strumenti del marketing, e più esattamente della promozione, nasconde una visione fideistica, assolutamente lontana dalla realtà;
- un approccio meccanicistico, per il quale si ha turismo se si inviano al mercato una serie di stimoli, di norma pubblicitari, ai quali i consumatori-turisti dovrebbero reagire come i topolini dei famosi esperimenti.
Inoltre il modello tradizionale prevedeva che gli Enti di promozione turistica dovessero nascere ed operare in contesti definiti “ambiti territoriali turisticamente rilevanti” così che, anziché promuoverle, si finiva per penalizzare le aree turisticamente meno sviluppate/rilevanti.
I Sistemi Turistici Locali da questo punto di vista, almeno in teoria, si configurano come un modo di affrontare lo sviluppo turistico dei territori, in gran parte nuovo e diverso, e in particolare possono:
- superare la tradizionale divisione tra Pubblico e Privato,
- superare la separazione tra le politiche di valorizzazione turistica e quelle di valorizzazione culturale,
- innovare e creare nuovi prodotti,
- qualificare l’offerta, sviluppare processi e marchi di qualità “locale”,
- superare il concetto di “ambito” turistico rilevante,
- ripensare alla logica dello sviluppo del turismo, assumendo la prospettiva del marketing territoriale,
- razionalizzare l’organizzazione turistica del territorio e coordinare gli interventi,
- integrare offerte e territori superando le tante frammentazioni, in una logica di integrazione tra turismo ed altre attività produttive,
- avviare una gestione strategica delle interdipendenze settoriali del turismo con l’agricoltura, la ristorazione, l’ambiente, i beni culturali, i trasporti… in una logica di turismo allargato.
3. STL: le interpretazioni
In ogni caso anche da parte degli entusiasti della nuova normativa le sottolineature sono state diverse, e fin dall’inizio non si è registrato un atteggiamento uniforme, anche perché il concetto stesso di STL si è prestato sin dall’inizio a interpretazioni differenti, e si è visto da subito che la sua concreta realizzazione si sarebbe adattata ad applicazioni anche molto diverse tra loro.
Altri autori hanno esplicitamente affermato come la riforma tendesse, sia pure con palesi contraddizioni, ad alleggerire il turismo italiano dai numerosi “lacci e laccioli” burocratici e si ponesse l’obiettivo primario di ridare spinta e forza al turismo italiano in uno scenario di mercato sempre più complesso e globale evidenziando il ruolo strategico di questo settore. Così Piero Leoni che scriveva: “crediamo che il turismo italiano possa ritrovare lo slancio ideale per affrontare le sfide del nuovo millennio, consentendo alla galassia di piccole e medie imprese di esplorare nuovi territori della domanda e di sperimentare nuove proposte e modelli di offerta turistica”.
L’iniziale interesse per la 135 non ha impedito che parallelamente si manifestasse un problema di non comprensione, dovuto tra l’altro anche:
- alla normativa “a maglie larghe”, che lasciava adito non solo a interpretazioni diverse ma anche a forme organizzative da definire caso per caso,
- al rifiuto da parte di molti soggetti coinvolti di pensare che fosse necessario per il turismo italiano un approccio e un pensiero originali e, conseguentemente al rifiuto dell’idea che gli STL potessero rappresentare una modalità originale di sviluppo turistico dei territori.
4. La 135 non è solo una norma, ma una modalità di intendere lo sviluppo turistico dei territori
Tra quanti hanno da subito colto i termini e la portata della 135, ed in particolare dell’articolo 5, c’è Francesco Morandi per il quale il STL è una forma inedita di organizzazione turistica locale, chiamata a progettare e realizzare un nuovo modello di sviluppo socioeconomico del territorio.
Nicolò Costa vede negli STL una risposta politico culturale al declino turistico del nostro paese: “La reingegnerizzazione del turismo affidando alle Regioni e agli altri Enti locali, soprattutto alle Province e ai Comuni, ha il compito di contrastare la sfida di paesi, vicini e lontani, con modelli organizzativi basati sulla partnership tra pubblico e privato attraverso un regime della regolazione competitiva”.
Lo stesso autore sostiene che l’orientamento che è alla base della legge nazionale concepisce il STL come un’agenzia di sviluppo locale che agisce in funzione di una mission strategica volta a integrare il marketing territoriale con quello di prodotto. Questa logica richiede un approccio culturale marcato nonché una importante attività di animazione territoriale e di sensibilizzazione dei diversi soggetti coinvolti rispetto al ruolo che loro stessi e il turismo possono avere. Forse anche per questo ha ispirato poche normative regionali attuative ed oggi secondo lo stesso autore, rappresenta una posizione largamente minoritaria.
Da questo punto di vista il STL sarebbe una comunità di apprendimento, a rete, che si costituisce per raggiungere determinati obiettivi. Ma proprio per questo “sfugge ai politici che sono i finanziatori principali”.
Come si vede si tratta di riflessioni che mostrano con chiarezza che la 135, i suoi principi e in particolare gli STL, sono stati visti fin dall’inizio non solo come una norma per una diversa organizzazione turistica del territorio, ma hanno rappresentato a tutti gli effetti, da subito, una modalità di affrontare il turismo e di ripensare allo sviluppo locale.
le questioni chiave
In ogni caso la 135 invita chi si occupa di turismo a ripensare ad alcune questioni chiave:
Logica territoriale
Con l’introduzione della 135 si è cominciato a concepire e a parlare in maniera diversa del rapporto “turismo e territorio”, ed in particolare di territorializzazione del prodotto turistico; ed i concetti di “sistema, distretto e rete”, sono diventati centrali nel dibattito sul turismo.
Enzo Nocifora riassumeva così la questione: “oggi non ha più senso parlare di prodotto turistico prescindendo dalla sua appartenenza territoriale, ma per molti anni in letteratura si è trascurato lo studio della relazione tra turismo e territorio (…), la stessa definizione del WTO che distingue il turismo dall’escursionismo sulla base delle presenza o meno di almeno un pernottamento, veniva utilizzata per sottolineare la centralità della ricettività alberghiera, e marginalizzare tutte le altre forme di servizio”.
D’altronde anche al di fuori della letteratura turistica, a proposito di territorializzazione dei prodotti, non pochi studiosi affermavano da tempo che è il territorio che “può conferire ai prodotti una storia, una differenza specifica, un senso che non possono essere facilmente imitati dall’esterno”.
Anche in risposta ai rischi di omologazione e di standardizzazione, imprese e operatori pubblici cominciano a vedere il territorio come una opportunità per radicare le offerte e distinguersi dai concorrenti; e la stessa recente disciplina del marketing territoriale comincia ad assumere un significato diverso e più ampio da quello di strumento finalizzato ad attrarre investimenti.
Anche gli studi sul sistema ricettivo nazionale peraltro, già dalla fine degli anni ’90, mostrano come l’offerta alberghiera si stia sempre di più integrando con il territorio.
Ben presto emerge che la necessità di concepire i prodotti turistici in chiave territoriale risponde anche ad una esigenza reale della domanda che non si aspetta più prodotti basic, o servizi “turistici” tout court, ma per così dire prodotti più ampi, allargati a quanto è presente, o si può fare, nel territorio.
Di qui l’idea di considerare il prodotto turistico come un prodotto territoriale, e l’idea che il territorio diventi l’elemento competitivo del sistema turistico.
La 135 si inserisce in questo filone di ragionamento e sposta l’attenzione dal singolo fattore al sistema.
Cfr. sintesi ripresa da Giancarlo Dall’Ara (a cura di) “Il turismo in Italia”, FrancoAngeli (2010)
Segue (…)