Il vero problema non è l’abuso dell’inglese, ma l’esterofilia
Intervista al Presidente della Crusca «Non tanto l’inglese, quanto la nostra gratuita esterofilia, che è sinonimo di provincialismo. Perché dire street food anziché “cibo di strada”? competitor al posto di “concorrente”? endorsement e non “sostegno”? Ho intitolato uno dei capitoli del mio libro “Scansare gli anglismi inutili”». «La pervasività dell’inglese è un problema analogo a quello della globalizzazione, la quale appiattisce tutti quanti sulla base di un’utopia universalistica che poi di fatto non dà i risultati sperati, anche se continuiamo ad ascoltare la nenia sui grandi vantaggi che possono venire da ogni forma di globalizzazione. Questo è un punto nodale. La globalizzazione è certamente un dato di fatto. Nessuno potrebbe cancellarla, anche volendo. L’alternativa sta semmai nell’esserne entusiasti fino al punto da anticiparne le conseguenze più radicali e magari remote, o, al contrario, nel tentare di convivere con essa senza esaltazioni eccessive, senza sentimenti messianici e palingenetici, e anzi ricordando che la conservazione di una parte non globalizzata delle nostre tradizioni e abitudini non è solo un dovere, una forma di rispetto verso noi stessi e verso la nostra storia, ma anche una necessità».
Tratto da:
https://www.avvenire.it/agora/pagine/italian-fe4564addb0c4d959807d71346300dd0