Cosa insegna il caso Barcellona

Barcellona è la terza città europea, dopo Londra e Parigi, per numero dei turisti, almeno secondo le statistiche ufficiali.

Alcuni abitanti della città ritengono che tutto questo non vada bene, e così hanno deciso di rispolverare, perché non è la prima volta, i cartelli contro i turisti: “Andatevene a casa!”.

Eppure a Barcellona il turismo vale il 14% dell’economia, e, possiamo immaginare, un numero straordinario di posti di lavoro e di opportunità di occupazione, anche per chi non si occupa direttamente di turismo (magari anche per qualcuno di quelli che protestano).

Intanto cosa ha deciso di fare il Comune? Congelare le nuove licenze alberghiere.

Anche se in città ci sono solo 74mila camere alberghiere – e dunque anche se non sembrano essere gli ospiti che finiscono in albergo il vero problema – la misura mi sembra corretta, perché nuovi alberghi significano sempre nuove colate di cemento delle quali si può fare a meno.

Il vero problema è che la turistofobia segnalata a Barcellona, riguarda anche tante altre destinazioni italiane, nelle quali la buona educazione verso i turisti è ai minimi termini, i prezzi per i turisti sono superiori ai prezzi per i residenti, i Comuni gravano di tasse ulteriori i visitatori, gli uffici informazione chiudono, e le scritte contro i turisti non mancano.

Purtroppo, nei confronti di tutto questo, gran parte delle Istituzioni non ha strategie o capacità di Governance.

 

Per loro il turismo è solo una attività di promozione, e quando fanno promozione, dei risultati non si curano. 

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