La sindrome del Gigantismo nel settore turistico
L’attualità e l’importanza della proposta di ospitalità delle piccole strutture ricettive nel panorama dell’offerta turistica italiana è evidente se solo si considerano le tendenze che caratterizzano oggi la domanda.
Mi pare che tutti gli osservatori del fenomeno turistico concordino nell’affermare che il desiderio di servizi personalizzati sia quello che più di altri oggi caratterizza le persone che vanno in vacanza. A questa esigenze se ne affianca un’altra altrettanto significativa: quella che viene definita la “terza generazione” dei turisti desidera rapporti meno legati al paradigma “produttore – cliente”, meno freddamente commerciali, ed almeno in qualche misura più autentici e veri.
Se “personalizzazione e autenticità” sono le richieste chiave espresse dalla domanda allora la proposta tradizionale dell’ospitalità italiana, quella delle piccole strutture a gestione familiare, si trova ad avere una grande opportunità. Chi infatti più della struttura di piccole dimensioni è in grado di personalizzare i servizi, o di crearne su misura? Quanto all’autenticità è appena stata pubblicata un’autorevole ricerca che delinea sotto una luce nuova i termini del problema: “la prima condizione dell’autenticità sembra essere la dimensione familiare dell’esperienza turistica, l’ambiente della destinazione pertanto deve essere caratterizzato da piccole dimensioni, deve offrire la possibilità di frequentare gli spazi di vita significativi per la gente del posto, unitamente alle risorse culturali, ambientali…“.
Se dall’esame delle esigenze della domanda passiamo poi all’analisi delle modalità di scelta delle destinazioni troviamo che anche su questo tema si registra un grande consenso tra gli esperti: dalle prime ricerche “scientifiche” che risalgono agli anni ’60, all’ultima pubblicata sulla nuova rivista del Touring Club il “passaparola” e le “esperienze precedenti” risultano essere i canali più importanti ai quali i turisti si affidano per la scelta della mete delle vacanze. A ben vedere anche questo dato di base conferma l’attualità e l’importanza per l’intero Sistema Turistico italiano delle Piccole imprese turistiche, le quali hanno proprio nella capacità di gestire e promuovere il passaparola un vantaggio competitivo che può essere definito storico.
Purtroppo a fronte di questa situazione, in Italia continua a resistere un vero e proprio pregiudizio per il quale molti addetti ai lavori ritengono che “piccolo” equivalga a “grande incompiuto”, a “non qualità”.
A ben vedere il problema è in primo luogo culturale. Gli “esperti” credono nel grande, e forse soffrono di una sindrome di gigantismo. Così:
- La formazione nel settore è tutta a misura dei grandi, ed i profili professionali proposti tendono tutti alla iperspecializzazione,
- La letteratura specializzata e la manualistica suggeriscono ai gestori dei piccoli alberghi di ragionare “in grande”, di imitare i grandi complessi e di fare le cose che fanno i grandi (in scala ridotta),
- Le normative non distinguono, così chi ha meno di 20 camere deve realizzare adeguamenti previsti per chi ha oltre 100 camere; né esistono sistemi di classificazione su misura per i piccoli. Anche a livello Comunitario si è discusso di questo problema concludendo che per le piccole e medie imprese turistiche “Il quadro giuridico e amministrativo è eccessivamente burocratizzato ed impedisce a tali imprese di operare in un clima di fiducia“.
Ma al di là degli stereotipi la situazione mostra delle evidenti specificità che caratterizzano e rendono differente un piccolo albergo da uno grande. Il piccolo non è un grande incompiuto, è un artigiano che, se ha puntato sulla qualità dei servizi ha di norma un atteggiamento vocazionale, basa il proprio successo sul mestiere, sulla flessibilità e la capacità di gestione dell’imprevisto come doti naturali, le stesse doti che caratterizzano il modello imprenditoriale italiano.
A differenza di quanto accade nei complessi grandi, in quelli piccoli non c’è la camera, ma può esservi il gestore stesso, la sua famiglia, i suoi hobby, oppure la cucina, l’atmosfera che caratterizza la “casa”.
I suoi risultati gestionali, dicono le ricerche, sono più il frutto del suo lavoro, degli interventi strutturali che è riuscito a realizzare, delle sue capacità di animazione, che della pubblicità o del marketing tradizionalmente insegnati a scuola.
Proprio perché non si crede nei piccoli è potuto accadere che in Italia siano scomparsi migliaia di piccoli alberghi nel più assoluto disinteresse; 400 soltanto a Rimini, ed il fenomeno non si è arrestato. Ma lasciare che chiudano è un errore. Se non si interverrà infatti il sistema turistico nazionale finirà per poter contare sempre meno sulle formidabili armi del passaparola, e vedrà ridotta ulteriormente la propria forza commerciale, che ha bisogno di operatori che agiscono direttamente nei mercati; mentre le località turistiche con meno alberghi e magari più residence si troveranno ad avere anche meno “presidi sociali”.
Quanto poi all’accoglienza e all’ospitalità se continuerà il trend negativo vedrà diminuire ulteriormente il personale intimamente coinvolto nel lavoro, come pressoché soltanto nelle piccole strutture si può trovare.
Quanto alla forma che rischia di assumere il sistema turistico italiano è evidente che proseguirà lo sbilanciamento verso la standardizzazione dove l’accoglienza si riduce all’arrivo, l’ospitalità è gadgetizzata, il tipico finisce per essere una questione di forma, e tutto è basato sull’immagine e sulle procedure che piacciono tanto a chi ha i modelli culturali e manageriali di riferimento nel Giappone e negli USA.
In attesa che cambino le normative nazionali, offrendo spazi specifici alle imprese di piccole dimensioni, in attesa che l’offerta formativa ed universitaria si diversifichi proponendo non solo corsi dove si insegna ai piccoli ad agire come “grandi standardizzati”, ma anche cultura e strumenti specifici e coerenti, in attesa infine che il management non sia acriticamente copiato da quello delle catene alberghiere, cosa consigliare a chi gestisce una piccola struttura?
Resto personalmente convinto che la sfida per il futuro sia quella di uscire dalla logica del “piccolo contro il grande” e di passare alla logica dell’originale versus lo standard. Il piccolo non deve essere solo di qualità, ma deve essere anche originale, e ciò sia nella struttura e nell’arredo, che nel modo di proporre i servizi. Più la struttura è piccola più deve avere una propria, marcata, personalità.
Ma anche il marketing deve essere originale e diverso da quello degli altri. Qui però la sfida è più semplice, visto che gli altri si limitano a fare quasi soltanto “Fiere e Pubblicità”.
G. D.